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DISTANZE: SOLITUDINI CONTEMPORANEE
[2006-2008]

La solitudine più spietata non è quella dell’isolamento, ma quella del sentirsi solo nella massa.

È questo per Adorno e Hanna Arendt il tratto fondamentale della solitudine contemporanea: è nell’essere anonimo tra la gente che l’esperienza dell’abbandono conosce la sua massima amplificazione.

A questa derelazione post-moderna si dedica la raffinata opera pittorica di Giovanna Lacedra :

i corpi, i volti, lo sfondo del metrò, riprodotti secondo una tecnica volutamente fotografica, presentificano un’assenza che sembra consumare l’eros del legame. Diversamente però da Hopper e da altri sui contemporanei, come ad esempio i ritratti di Milano offerti da Papetti o da Frangi, il realismo di Lacedra non utilizza la luce, né le possibilità sfumate del colore, quanto piuttosto la sterilità chirurgica del bianco e del nero. L’istantanea asettica dell’immagine sospende il tempo, rendendolo immobile e ponendolo volutamente in contrasto con il ritmo frenetico e alienante della città. Le posture dei corpi, i loro volumi e le loro articolazioni stratificate producono l’effetto di evidenziare , nella divaricazione costante degli sguardi, una separazione di traiettorie che fissano il vuoto irrappresentabile che attraversa questo paesaggio umano dalle atmosfere desolatamente lunari.

 

(Massimo Recalcati - Psicoanalista lacaniano)

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